Il tumore alla prostata

Il tumore alla prostata è la neoplasia più comuni negli uomini, dopo i 50 anni.

tumore prostata età

L’incidenza del tumore aumenta con l’età, e si stima che un uomo su otto riceverà una diagnosi di tumore alla prostata nel corso della sua vita.

Questo tumore, nella maggior parte dei casi, si sviluppa lentamente e resta asintomatico per anni, motivo per il quale i programmi di screening e di prevenzione possono portare a una diagnosi precoce, fondamentale per un percorso di cure efficace.

prostata

La prostata è una ghiandola presente esclusivamente negli uomini, situata appena sotto la vescica e davanti al retto.

Nell’uomo adulto, ha la forma e le dimensioni di un piccolo mandarino ed è attraversata dall’uretra, il canale che trasporta l’urina dalla vescica verso l’esterno.

La sua principale funzione è di contribuire alla formazione del liquido seminale.

La prostata è essenziale per il corretto funzionamento del sistema riproduttivo maschile; con l’avanzare dell’età, la ghiandola può essere soggetta a patologie, tra cui l’ipertrofia prostatica benigna e, appunto, il tumore.

Il tumore alla prostata

Il tumore alla prostata rappresenta una proliferazione incontrollata delle cellule della ghiandola prostatica, che forma uno o piu noduli neoplastici, ovvero un tumore.

Nella sua crescita, il tumore può infiltrare la capsula della ghiandola e crescere localmente, può invadere i linfonodi, le prime stazioni di sconfinamento extra-prostatico della malattia, ed infine può diffondersi in altre parti del corpo attraverso il sangue o il sistema linfatico, un processo noto come metastasi.

Il tumore alla prostata è in genere un adenocarcinoma, ovvero un tumore che si sviluppa a partire dalle cellule che rivestono le ghiandole della prostata.

Circa il 70% delle neoplasie origina dalla porzione posteriore della ghiandola, lontano dall’uretra, per cui durante l’accrescimento in genere il paziente non avverte sintomi ostruttivi o altri disturbi urinari.

cause tumore prostata

Diversi fattori di rischio possono contribuire all’insorgenza della malattia, come:

  • età: il rischio aumenta significativamente dopo i 50 anni;
  • storia familiare: gli uomini con familiari di primo grado che hanno avuto il tumore alla prostata hanno un rischio maggiore;
  • origine etnica: gli uomini di origine afroamericana hanno un rischio più elevato di sviluppare forme aggressive del tumore (1/4);
  • fattori genetici: mutazioni nei geni BRCA1 e BRCA2, che sono associate anche al tumore al seno, possono aumentare il rischio.
  • dieta: una dieta ricca di grassi saturi e povera di frutta e verdura può aumentare il rischio.

Nella maggior parte dei casi, il tumore alla prostata cresce così lentamente che non causa sintomi evidenti per molti anni, motivo per cui la diagnosi precoce attraverso il monitoraggio con test del PSA (Antigene Prostatico Specifico) e la visita urologica è fondamentale.

Quando il tumore viene diagnosticato in stadi iniziali, le opzioni terapeutiche offrono una ottima probabilità di successo, minimizzando i due effetti avversi più noti e comuni dei trattamenti prostatici che sono:

  • l’incontinenza urinaria;
  • i deficit di erezione.

I sintomi del tumore alla prostata

sintomo tumore alla prostata

Il tumore alla prostata, soprattutto nelle sue fasi iniziali, è spesso asintomatico.

Quando i sintomi compaiono, spesso sono lievi e sovrapponibili a quelli dell’iperplasia prostatica benigna, tra cui:

  • difficoltà a iniziare la minzione;
  • getto urinario scadente, attesa e gocciolamento minzionale;
  • bisogno frequente di urinare, soprattutto di notte;
  • sensazione di non svuotare completamente la vescica;
  • dolore o bruciore durante la minzione.

Nei casi diagnosticati in fase avanzata, i sintomi possono includere:

  • dolore osseo, soprattutto a livello di schiena, anche e gambe;
  • sangue nelle urine o nel liquido seminale;
  • perdita di peso inspiegabile e stanchezza cronica.

La diagnosi

psa alti

L’esame alla prostata di routine è l’analisi del PSA (Antigene Prostatico Specifico), insieme alla visita urologica.

Il test del PSA (antigene prostatico specifico) è un esame del sangue utilizzato per rilevare livelli anomali di questa proteina prodotta unicamente dalla prostata.

Durante la vista urologica ed in considerazione della storia e del livello di PSA, l’urologo potrebbe richiedere ulteriori indagini.

I valori attesi del PSA cambiano in base all’età:

  • sotto i 50 anni: meno di 2,5 ng/mL
  • tra i 50 e i 59 anni: meno di 3,5 ng/mL
  • tra 60 e i 69 anni: meno di 4,5 ng/mL
  • sopra i 70 anni: meno di 6,5 ng/mL

Un livello di PSA superiore a 4,0 ng/mL in uomini sopra i 60 anni o superiore a 2,5 ng/mL in uomini sotto i 60 anni può richiedere ulteriori indagini.

La diagnosi precoce del tumore alla prostata è cruciale per il successo del trattamento.

Nelle fasi iniziali, come detto, il tumore è spesso asintomatico e viene scoperto solo grazie agli esami di screening da svolgere intorno ai 45/50 anni.

Livelli elevati di PSA possono indicare la presenza di un tumore, ma anche essere normali se sussistono altre condizioni come infezioni o iperplasia prostatica benigna.

Anche recenti manovre urologiche (cateterismo vescicale, cistoscopia, esplorazione rettale) o una recente eiaculazione possono aumentare i livelli di PSA.

Uno studio pubblicato sul BMJ Oncology ha dimostrato come il 70% dei pazienti con carcinoma significativo alla prostata aveva un PSA normale (<3 ng/mL).

Vista la scarsa specificità, il PSA come singolo strumento di screening rappresenta una sorta di filtro ad ampie maglie per individuare i soggetti a rischio di tumore.

In caso di sospetto, sarà la Risonanza Magnetica della prostata (MRI) a rappresentare un ulteriore setaccio, individuando i pazienti con aree della prostata a rischio di tumore.

La risonanza magnetica (MRI) fornisce immagini dettagliate della prostata e consente di individuare eventuali lesioni sospette.

Attraverso le diverse fasi, consente di ottenere diversi tipi di immagini per avere un quadro dettagliato della prostata.

Questo tipo di esame è utile per la diagnosi precoce e guida nel:

  • decidere se è necessaria una biopsia;
  • guidare il prelievo dei campioni di tessuto durante la biopsia;
  • valutare se il tumore sospetto si è esteso oltre la prostata;
  • distinguere tra tumori a potenziale basso rischio e tumori più aggressivi;
  • esaminare i linfonodi locali.

La collaborazione con il Gemelli Imaging Center permette l’utilizzo la risonanza magnetica (RM) come metodo non invasivo per determinare se sia necessaria la biopsia prostatica, che consiste del prelievo di campioni da aree specifiche sospette per tumore.

Sarà infine l’esame isto-patologico del tessuto prelevato con biopsia a confermare o meno la diagnosi di tumore prostatico. 

Una diagnosi tardiva del tumore alla prostata può avere, invece, conseguenze più importanti. Nei casi avanzati, il tumore può invadere linfonodi, ossa e altri organi, causando sintomi debilitanti come dolore osseo, fratture, difficoltà a camminare e perdita di peso.

Se il tumore si diffonde oltre la prostata, il trattamento è più complesso e mira principalmente a bloccare o rallentare la progressione della malattia e/o controllarne i sintomi.

La cura del tumore alla prostata

sopravvivenza tumore alla prostata

Le indicazioni al trattamento del tumore alla prostata sono valutate in base al rischio di aggressività (EAU Risk Grouping).

La neoplasia prostatica si suddivide in rischio basso, intermedio ed elevato, in base al PSA, al grado isto-patologico (Gleason Score/ISUP) ed alla stadiazione locale.

La scelta del trattamento avviene in base alla classe di rischio del paziente.

Per tumori a basso rischio, la sorveglianza attiva rappresenta una opzione.

Questa strategia prevede il monitoraggio regolare del paziente con esami del PSA, biopsie e risonanze magnetiche, nell’intento di evitare l’intervento o comunque ritardarlo fino a quando non vi siano segnali di progressione della malattia.

Nel tumore a rischio intermedio, la chirurgia (prostatectomia radicale) rappresenta una frequente strategia terapeutica.

La radioterapia può ottenere analoghi risultati in questa classe di rischio.

Nei tumori ad alto rischio o nelle forme localmente avanzate, la chirurgia rappresenta un’opzione all’interno di un iter terapeutico discusso in ambito multidisciplinare.

Nelle forme avanzate, poiché il tumore alla prostata è spesso stimolato dagli ormoni maschili (androgeni), la terapia ormono-soppressiva mira a ridurre i livelli di questi ormoni o a bloccare la loro azione sulle cellule tumorali. Viene spesso utilizzata in combinazione con altre terapie, come la radioterapia, o nei casi di malattia metastatica.

Chirurgia del tumore alla prostata

L’intervento di prostatectomia radicale è raccomandato per pazienti con tumore prostatico a rischio intermedio.

Può essere indicato anche per pazienti con tumore a basso rischio che non possono seguire la sorveglianza attiva o che preferiscono un trattamento chirurgico, accettandone i possibili effetti collaterali.

Infine, è un’opzione anche per i pazienti con tumori a rischio elevato o avanzati localmente, come parte di un approccio multimodale che può includere radioterapia e trattamenti farmacologici.

Prostatectomia radicale

intervento prostata

La prostatectomia radicale è l’intervento chirurgico standard per rimuovere la prostata nei pazienti con tumore alla prostata localizzato.

Negli ultimi anni, l’evoluzione della chirurgia robotica ha portato significativi miglioramenti, offrendo un approccio minimamente invasivo che riduce i rischi di complicazioni post-operatorie come l’incontinenza urinaria e i problemi erettili.

La prostatectomia radicale è un intervento chirurgico che comporta la rimozione completa della prostata e delle vescicole seminali per ottenere un’adeguata radicalità oncologica, cioè eliminare il tumore in maniera completa.

Questo approccio è indicato sia per tumori confinati all’interno della prostata (tumori organo-confinati) che per quelli che si estendono oltre la capsula prostatica (tumori localmente avanzati) o che potrebbero coinvolgere i linfonodi loco-regionali.

In questi ultimi due casi, l’intervento deve essere inserito in un percorso multidisciplinare che potrà prevedere il completamento con la radioterapia.

Dal punto di vista anatomico, la prostata è attraversata dall’uretra, l’ultimo tratto delle vie urinarie attraverso cui l’urina viene espulsa dalla vescica.

Durante l’intervento, è necessario sezionare la giunzione vescico-prostatica che comprende il collo vescicale, a monte della ghiandola prostatica, e l’uretra, a valle di essa, per rimuovere completamente prostata e vescicole seminali.

La prostata è localizzata adiacente le strutture muscolari e fasciali che supportano l’uretra e garantiscono la continenza urinaria, per cui il rispetto di queste strutture nella dissezione è fondamentale.

Successivamente, viene ristabilita la continuità dell’apparato urinario tramite una sutura (anastomosi) tra la vescica e la porzione residua dell’uretra.

Come conseguenza, uno degli effetti collaterali più frequenti di questo intervento è l’incontinenza urinaria, spesso legata a sforzi fisici che aumentano la pressione nell’addome.

Durante la dissezione della prostata è fondamentale prestare attenzione ai fasci neurovascolari, che si trovano sulla superficie postero-laterale della ghiandola e sono responsabili dell’erezione.

La conservazione o la rimozione di questi fasci dipende dal tipo di tumore e dalla strategia chirurgica adottata.

Se l’obiettivo è preservare queste strutture (tecnica nerve-sparing), la dissezione viene condotta rasente la capsula prostatica, “sbucciando” la prostata per mantenere intatti i tessuti funzionali adiacenti.

Questa tecnica è indicata per tumori di bassa aggressività e confinati all’interno della prostata.

Quando è possibile eseguire una prostatectomia con tecnica nerve-sparing, le probabilità di recuperare, almeno parzialmente, la funzione erettile sono significativamente maggiori.

Invece, nei casi di tumori più aggressivi o che si estendono oltre la capsula prostatica, può essere necessaria una dissezione più ampia, proprio per garantire la completa asportazione del tumore e quindi la guarigione oncologica; questo comporta una minore possibilita di recupero della funzione erettile.

È possibile, tramite modelli di calcolo (nomogrammi), valutare per ogni paziente il rischio individuale di estensione della malattia oltre la capsula e quantificarne l’estensione; in questo modo, si potrà condurre una dissezione “personalizzata” che massimizzi la preservazione dei nervi nel rispetto della radicalità oncologica dell’intervento sul singolo paziente (prece.it).

Prostatectomia Radicale Robotica

prostatectomia robotica

Questo intervento, preferito nel 95% dei casi nei paesi occidentali, prevede l’asportazione della prostata e delle vescicole seminali, garantendo un’elevata precisione grazie all’uso di bracci robotici controllati dal chirurgo che opera su una console adiacente il letto del paziente.

I vantaggi della chirurgia robotica includono:

  • minore trauma chirurgico: il robot consente movimenti più precisi, riducendo il trauma ai tessuti circostanti;
  • tempi di recupero ridotti: gli accessi mini-invasivi riducono le perdite ematiche, il dolore post-operatorio e i tempi di degenza ospedaliera;
  • preservazione del risultato funzionale: grazie alla precisione dei bracci robotici, la chirurgia consente una migliore conservazione dei nervi responsabili delle funzioni erettili e delle strutture deputate alla continenza urinaria.

La prostatectomia radicale robotica ha dimostrato un’ottima efficacia oncologica.

Inoltre, le complicanze post-operatorie, come l’incontinenza urinaria e i disturbi erettili, sono significativamente ridotte grazie alla tecnologia robotica. Il ritorno a una vita normale, inclusa la ripresa dell’attività sessuale e la continenza urinaria, è una possibilità concreta per la maggior parte dei pazienti.

Prostatectomia Nerve-Sparing

nerve sparing

La prostatectomia nerve-sparing, eseguita anche con tecnica robotica, mira a preservare i fasci neurovascolari situati vicino alla prostata, responsabili della funzione erettile.

Questa tecnica è indicata nei casi in cui il tumore non ha invaso queste strutture.

Il vantaggio è una riduzione significativa del rischio di disfunzione erettile post-operatoria, permettendo a molti pazienti di mantenere una buona qualità della vita sessuale.

Occorre ricordare che il risparmio dei nervi può essere eseguito solo se la malattia non esce dalla capsula della prostata; infatti, se il tumore è extracapsulare e la dissezione del chirurgo decorre troppo vicino alla capsula per risparmiare i nervi, si corre il rischio di un’“infrazione” all’interno della neoplasia stessa lasciando tessuto tumorale sul margine della dissezione (margine chirurgico positivo).

Come predire quindi, prima dell’intervento, il rischio che il tumore della prostata ne superi la capsula?

In collaborazione con il Dr Patel di Orlando, Florida, abbiamo messo a punto uno strumento predittivo di estensione extracapsulare del tumore, il PRECE (PRedicting ExtraCapsular Extension of Prostate cancer).

Il PRECE è un modello predittivo che si basa su informazioni semplici relative al paziente (età, PSA) ed alla sua malattia (dati relativi alla biopsia prostatica come il Gleason score); inserendo questi dati, il PRECE fornisce la percentuale di rischio che il tumore esca dalla capsula e l’esatta entità dell’estensione extracapsulare (espressa in millimetri).

Questa informazione è di fondamentale importanza per il chirurgo, che manterrà la dissezione alla opportuna distanza dal profilo prostatico, asportando radicalmente la neoplasia e allo stesso tempo conservando al massimo il tessuto funzionale circostante responsabile dell’erezione.

Secondo alcuni studi indipendenti (validazione esterna), Il PRECE ad oggi è il modello con la migliore predittivita di neoplasia extra prostatica e quindi lo strumento migliore per una precisa stadiazione locale che possa guidare il chirurgo.

Il punto di Rocco

punta di Rocco

Per quanto riguarda il ripristino della continenza urinaria, al Gemelli Prostate Center viene applicata la tecnica nota come “ricostruzione posteriore” o “Punto di Rocco”, co-autore di questa tecnica chirurgica ad oggi utilizzata in oltre il 60% delle procedure, secondo uno studio europeo.

Il Punto di Rocco consiste della ricostruzione posteriore del rabdomiosfintere, che fornisce solidità e ancoraggio alla contrazione della muscolatura che previene le perdite urinarie durante il riempimento della vescica.

Il “punto di Rocco” è stato applicato inizialmente alla chirurgia a cielo aperto, poi alla laparoscopia ed infine alla prostatectomia robotica.

Numerosi studi hanno mostrato come questa tecnica migliori in particolare modo il ripristino della continenza urinaria precoce, cioè nelle prime settimane dopo la rimozione del catetere vescicale.

Altri vantaggi del Punto di Rocco sono la possibilità di ridurre la tensione a livello dell’anastomosi vescico-uretrale, facilitandone l’esecuzione, ed il miglioramento dell’emostasi, cioè del processo di coagulazione durante l’intervento volto a minimizzare le perdite ematiche peri-operatorie.

Prof. Bernardo Rocco
Prof. Bernardo Rocco
Bernardo Rocco, medico e chirurgo, è è Direttore del Dipartimento di Urologia della Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS di Roma.

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